A rivelarlo è stato un sondaggio promosso e realizzato da Fondazione Veronesi in occasione della Giornata mondiale senza tabacco.
A rivelarlo è stato un sondaggio promosso e realizzato da Fondazione Veronesi, e condotto da AstraRicerche dal titolo "Effetti del cambiamento del prezzo del tabacco", in occasione della Giornata mondiale senza tabaccoe presentato a Milano: far salire il prezzo del tabacco farebbe automaticamente diminuire il numero dei fumatori. L’indagine è stata condotta alla fine di aprile 2019 tramite 1.500 interviste a fumatori fra i 15 e i 65 anni.
Il prezzo medio di un pacchetto di sigarette, oggi, è di circa 5 euro e sembrerebbe che, almeno per coloro che non possano permettersi un eventuale aumento, l'incentivo migliore per scoraggiare eventuali acquisti sarebbe quello di aumentare il prezzo del tabacco (un po' come successo in Francia negli ultimi tempi).
Danni per la salute e costi diretti ed indiretti sembrerebbero quindi gravare sulla spesa del singolo ma tale aumento potrebbe portare i fumatori più incalliti a passare ad alternative non solo più economiche ma anche più salutari come le sigarette elettroniche o l'acquisto di sigarette tradizionali tramite il mercato nero o "non ufficiale".
“Undici milioni di italiani continuano a fumare e il numero non diminuisce – dice Giulia Veronesi, responsabile della Chirurgia Toracica e Robotica all’Istituto Clinico Humanitas di Milano. - Da anni siamo praticamente in una situazione di stallo: non riusciamo né a far calare in modo significativo il numero di quanti iniziano, né a far aumentare il numero di quelli che riescono a smettere”. Ecco perché servirebbero nuove strategie, come quella suggerita dall’indagine di Fondazione Umberto Veronesi, da sempre impegnata nella lotta al fumo, sia nelle scuole con il progetto «No Smoking Be Happy», sia nella popolazione generale."
Veronesi precisa che l'aumento del prezzo delle sigarette (e del tabacco in genere) potrebbe essere una strategia vincente così come lo sono stati, fin d'ora, le estensioni dei divieti nei parchi, stadi o locali ma tali regolamenti non bastano e serve un maggiore sostegno per incentivare la cessazione. Unica precisazione è che la Dott.ssa Veronesi sostegno della cessazione non menziona le sigarette elettroniche ma solamente farmaci e centri per la disassuefazione.
Lo studio, della Fondazione, evidenzia le possibilità con tre diversi gradi di aumento del prezzo del tabacco 20%, 50% e 100% mettendo in relazione diverse reazioni. Il 55 dei fumatori (a fronte dei 1.500 intervistati) afferma che smetterebbe di fumare ed un ulteriore 18% afferma che ne diminuirebbe l'uso. Le percentuali salgono insieme all’aumento del prezzo con una maggiorazione del 50% del prezzo a dire addio al tabacco sarebbe oltre il 20% dei fumatori, mentre diminuirebbe molto il 38,5. Se aumentano i prezzi smetterebbe, in definitiva il 46% ed il 32,4% ridurrebbe l'uso di sigarette tradizionali.
Il rischio di passaggio, secondo la Fondazione, ad altre soluzioni è però molto consistente: il 71% degli intervistati passerebbe alle sigarette elettroniche e il 20,5% cercherebbe di ricorrere all’acquisto tramite canali non ufficiali. Il 35% si è detto contrario all'aumento ma se tale aumento potrebbe servire come gettito fiscale per campagne antifumo e prevenzione la percentuale si alza al 57,3% e l'opposizione all'aumento scende al 21,2%.
E' pur vero come non si capisce come tale sondaggio non prende in considerazione le sigarette elettroniche come alternativa ma le sottoponga ad una determinazione come "alternativa", a quanto si evince, non favorevole basando solamente tale lotta, contro il tabagismo, nelle mani del prezzo e dei farmaci coadiuvati dai centri.
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