In Italia 80.000 decessi all'anno, nel mondo 8 milioni

Se le emergenze sanitarie si contano in termini di vittime, quella legata al fumo fa impallidire anche la contingenza Coronavirus.
Sono i numeri a fare fede in tal senso.
A fronte della tragedia Covid-19, infatti, che in Italia ha determinato allo stato circa 30.000 decessi, si contrappongono le cifre legate alle morti fumo-correlate.
Che nella nostra Penisola si assestano annualmente ad una quota di 80. 000. Come se ogni anno, cioè, sparisse una città, demograficamente parlando, popolata come Varese.

E se allargassimo il raggio di indagine all'intero Pianeta, ci potremmo accorgere come nei dodici mesi muoiano, per le medesime cause, circa 7 milioni di persone – più o meno, restando in termini di paragoni, come se l'intera popolazione della Bulgaria o del Paraguay, ogni benedetto anno, sparisse “divorata” dalle sigarette.

E la cifra, secondo gli analisti, è destinata pure a salire: entro il 2030, infatti, si dovrebbe toccare – mantenendosi questi “trend” - quota otto milioni.
Se, quindi, l'emergenza Coronavirus rappresenta un dramma sanitario nonché economico notevole, non si può dire da meno - tutt'altro – con riguardo all'altra pandemia. Quella del tabacco. Tragedia in termini di morti e significativo impatto per le casse della Sanità, considerandosi la mole imponente di cure (e di costi) che le morbilità richiedono.

Se in alcuni contesti, come quello nostrano, la legislazione nazionale ha consentito di porre freno al fenomeno fumo, le pratiche sanitarie non paiono avere – cifre alla mano – successi numericamente importanti. Cerotti, gomme alla nicotina paiono fare il solletico al gigante tabacco. Sembra incidere di più, invece, l'opzione sigaretta elettronica. Il problema è che quest'ultima non rientra nei percorsi ufficiali di fuoriuscita dal vizio. Ovvero, la quasi totalità delle Istituzioni, come quella italiana, non la prende in considerazione quale opzione terapeutica.
E nelle poche realtà dove ciò avviene, si veda il Regno Unito, i risultati appaiono essere estremamente lusinghieri.

Perchè non tentare, quindi? Bisogna, al riguardo, partire da due basi di ragionamento.
Al netto, per iniziare, delle divergenze che su singoli aspetti si possono avere nell'ambito della scienza, pare essere pacifico come vi sia accordo su un punto.

Ovvero, le sigarette elettroniche fanno certamente meno male rispetto a quelle tradizionali. Anche gli scettici lo ammettono, sebbene a denti stretti, guardando alla mole di patologie, da quelle cardiocircolatorie a quelle oncologiche, determinate con certezza comprovata dalle bionde.
Laddove, invece, all'uso corretto delle e-cig non può essere ricondotto, in dieci anni di storia del prodotto, decesso alcuno.
Che, poi, ricerche si dice siano in corso per stabilire il se ed il forse la sigaretta elettronica potrà essere teoricamente fattore predisponente di una leggera rinite (esempio) – ebbene – questo è altro discorso.
Ma sulla bilancia stanno due piatti: una occupata da un killer riconosciuto. L'altro da una soluzione possibile e estremamente meno dannosa quanto efficace, come soluzione "no-smoke", che, quanto meno in un regime di transitoria “prova”, potrebbe e dovrebbe essere "incorporato" dai programmi sanitari.