Continua a far scandalo L'idea di un paese dedito alle concessioni segrete e L'espresso svela i nomi delle 3 multinazionali...
Cos'è il Tax Ruling:
Sono essenzialmente contratti che servono alle multinazionali per comprendere come le autorità del paese, che ospita i loro prodotti, calcolano i profitti che verranno tassati. L'intervento del Tax Ruling è duplice; da un lato la multinazionale non paga effettivamente quanto dovuto grazie all'accordo con l'autorità e si evita eventuali controlli, dall'altra lo Stato sa "circa" quanto incasserà a fine anno dai proventi di questo contratto.
I dati ufficiali pubblicati dalla Commissione europea del 2015 mettono in evidenza come i contratti suddetti, concessi da nostro paese alle grande imprese e/o multinazionali, sono circa 68 portando l'Italia ai primi posti delle nazioni europee che fanno affari con tali aziende. Ungheria, Belgio, Lussemburgo ed Italia sono i top 4.
I Beneficiari di questi rapporti sono sicuramente segreti, non pensate minimamente che si possano sapere; Vi ricordate lo scandalo LuxLeaks che porto Apple a pagare quasi 13 miliardi di euro in tasse non versate? Ecco l'esempio calza ma badate bene "Tax Ruling non significa "Evasione", in quanto l'Europa dall'anno scorso ha obbligato gli stati europei a scambiarsi informazioni sui ruling emessi. Tutto all'infuori della normale trasparenza verso i cittadini.
Ma parliamo del nostro settore e della tanto amata Philip Morris (oltre a Michelin e Microsoft) riportando le parole dell'articolo apparso sull'Espresso online del giornalista "Stefano Vergine".
L’Espresso ha indagato sui beneficiari dei tax ruling italiani, scoprendo i nomi di tre multinazionali che hanno firmato accordi riservati con l’Agenzia delle Entrate. Ne mancano tanti, visto che in totale sono 68, ma queste storie permettono già di comprendere la posta in gioco.
Nel suo bilancio 2015 Philip Morris dichiara di aver concluso con l’Italia, negli anni precedenti, degli «accordi di ruling di standard internazionale». Il linguaggio è tecnico, i dettagli sono ridotti all’osso, ma la sostanza è chiara: la multinazionale americana del tabacco ha ottenuto un tax ruling che riguarda i prezzi a cui la sua filiale tricolore compra le sigarette da altre società del gruppo. Questione cruciale per l’azienda delle Marlboro. Dai costi d’acquisto delle bionde dipendono infatti i profitti dichiarati in Italia. E di conseguenza le imposte. Prendiamo per esempio un pacchetto di Marlboro rosse. Oggi al fumatore costa 5,20 euro. Se Philip Morris Italia acquista il pacchetto dalla sua filiale estera a 5 euro, pagherà a Roma imposte solo sui 20 centesimi di guadagno lordo (al netto di altri costi sostenuti in Italia). Se invece lo stesso pacchetto viene comprato dalla filiale nostrana a 4 euro, le imposte verranno calcolate su un guadagno lordo di 1,20 euro, dunque molto più alto per Philip Morris e altrettanto redditizio per il Fisco. Su tutto questo, purtroppo, né l’impresa né lo Stato italiano pubblicano dettagli. Non resta perciò che continuare ad analizzare il bilancio.
È proprio leggendolo che si capisce l’importanza dei costi di acquisto della materia prima. Nel 2015 Philip Morris Italia ha fatturato 1,3 miliardi di euro. I soli costi d’acquisto di materie prime ammontavano a 1,1 miliardi. Insomma, profitti bassissimi. E così, nonostante un giro d’affari miliardario, le imposte versate a Roma non sono state molte: 21,5 milioni. Ma dove finisce il margine di guadagno ottenuto vendendo sigarette in Italia? Principalmente a due consociate del gruppo: la Philip Morris International Management e la Philip Morris Product. Entrambe domiciliate in Svizzera, dove le tasse societarie possono scendere al 9 per cento, o addirittura a zero se il gruppo ha firmato un ruling vantaggioso anche con il governo di Berna. Resta quindi da capire che cosa ha guadagnato Roma dall’accordo con Philip Morris. Perché, andando indietro negli anni, ci si accorge che i numeri dichiarati sono più o meno sempre gli stessi: il fisco non ha incassato più soldi da quando ha firmato il ruling con il gigante del tabacco. La controprova dello svantaggio si ottiene confrontando il margine di guadagno realizzato da Philip Morris in Italia con quello registrato mediamente nel mondo. Su scala globale, per ogni milione di euro incassato circa 110 mila euro sono profitti. Da noi si arriva a 32 mila euro. Quasi quattro volte in meno. Un indizio utile a spiegare i motivi della discrepanza lo fornisce la stessa società, che dichiara di aver parcheggiato in alcune sue filiali straniere la bellezza di 23 miliardi di dollari di profitti tassati a regime preferenziale. [Stefano Vergine - http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2018/01/08/news/philip-morris-michelin-microsoft-gli-accordi-segreti-con-l-italia-per-pagare-meno-tasse-1.316813?ref=HEF_RULLO&refresh_ce - 8 Gennaio 2018]