Colors: Orange Color

No, la sigaretta elettronica non fa male quanto le "bionde".
Anzi.
Una nuova conferma a favore delle teorie del minor danno da fumo è quella che viene da uno studio le cui conclusioni sono state pubblicate su Wiley Analytical Science e che ha una componente italiana, vivendo il suo cuore nel Coehar, braccio della Università di Catania.
L'approfondimento, in particolare, ha voluto simulare in vitro i danni causati dalla sigaretta "classica" e quelli causati dalla sigaretta elettronica.
Le conclusioni sono state alquanto schiaccianti: coerentemente con i risultati dello studio originale, il team di ricerca ha potuto appurare come l'aerosol dei prodotti di svapo causasse meno danni cellulari rispetto al fumo delle "bionde".
Mentre il fumo - è stato rappresentato nel "tecnico" - riduceva la capacità di guarigione delle ferite endoteliali, anche a basse concentrazioni (nell'ordine del 12,5 percentuale) il vapore, invece, non mostrava simili effetti sulle cellule endoteliali anche se portato a concentrazioni dell'80%-100%.
"Il nostro studio - si apprezza in un estratto delle conclusioni - conferma ulteriormente l'importanza della e-cig e dei prodotti a tabacco riscaldato come possibile strategia di riduzione del danno per lo sviluppo di malattie cardiovascolari nei fumatori".
Un nuovo elemento viene, quindi, dalla scienza rispetto a quello che è uno dei capisaldi del cosmo sigaretta elettronica, ovvero la riduzione del danno rispetto al classico tabacco.
Una prerogativa che va sottolineata con forza, atteso come i detrattori a prescindere del vaping sostengano, invece, come lo svapo sia dannoso quanto se non più del fumo.
Non è una questione di "litigi" tra i sostenitori delle diverse teorie, a mò di tifoserie, quanto la necessità, piuttosto, a pro delle ragioni della salute pubblica, di rendere una informazione corretta al fine di consentire al fumatore adulto, nel caso specifico, di poter andare ad intraprendere una scelta che sia quanto più responsabile e consapevole.

Il passaggio dalla sigaretta tradizionale a quella elettronica reca vantaggio anche alla salute del sistema circolatorio.
Ed i vantaggi, in termini di miglioramento della condizione dello specifico apparato, sarebbero alquanto rapidi.
Il nuovo studio giunge dal Regno Unito e si pone in scia ai tanti altri che hanno provato l’indubbio vantaggio che si ottiene passando dalla dipendenza tabagista alla e-cig.
La sigaretta classica, come a tutti noto, innesca vasocostrizione: un meccanismo che reca danno ai vari organi, a causa del ridotto afflusso di sangue, e ai vasi medesimi causa l’accumulo di sostanze nocive sulle parete interne, cosa che finisce per determinare l'ulteriore chiusura del lume.
Anche per quel che riguarda la salute delle arterie, quindi, e quella di tutta la circolazione, fino ai vasi più piccoli, la via della smoking cessation resta quella fortemente consigliata.
Cosa succede, invece, nel momento in cui si dice addio alle bionde e si passa alla e-cig?
In quanto tempo si può iniziare ad apprezzare un pur iniziale beneficio?
Ebbene, le conclusioni cui sono giunti i ricercatori inglesi sono assolutamente sorprendenti.
Primi cambiamenti in senso positivo, infatti, si iniziano a riscontrare già entro il primo mese.
Dopo appena un mese dal passaggio al vaping, infatti, il sistema circolatorio avrà recuperato circa il 50% della sua condizione.

“UN BENEFICIO CHIARO E PRECOCE”
Si assiste ad un beneficio – hanno così sottolineato gli autori dello studio – che è chiaro e molto precoce”.
Appena trenta giorni possono bastare a ridare un pizzico di benessere all’apparato con un crollo, nell'arco dello stesso periodo, del rischio infarto/ictus pesato nell’ordine del 13 percentuale.
Inutile evidenziare come il miglioramento, ovviamente, sarà tanto più evidente, tanto più significativo quanto più prolungato sarà il periodo di astinenza dalla pratica tabagista.
Ed in questo il vaping ha già corposamente dimostrato di poter essere un supporto più che efficiente.

L’astinenza da nicotina è strettamente legata ad una significativa propensione per il cibo spazzatura.
La circostanza, abbastanza nota a quanti alle prese con percorsi di “smoking cessation”, trova scientifica conferma negli esiti di analisi posta in essere da team guidato da Mustafa al’Absi, Psicologo nonchè docente universitario presso il Dipartimento di Medicina di famiglia e di Salute biocomportamentale della Facoltà di Medicina dell’Università del Minnesota e pubblicato sul Journal of Drug and Alcol Dipendence.
Il lavoro ha preso in esame un gruppo di persone di età compresa tra i 18 ed i 75, fumatrici e non, alcune delle quali in astinenza da nicotina per 24 ore.
A tutte le persone, senza distinzione alcuna, è stata offerta una varietà di alimenti dal diverso tasso di zuccheri e grassi.
Ebbene, il risultato è stato costante: quanti erano in astinenza si sono gettati anima e cuore sui cibi cosiddetti spazzatura, ovvero quelli al alto contenuto di lipidi, stracolmi di zucchero e ad alto tasso di calorie.
Perchè?
Tutto è connesso, come evidenziano dalla Università del Minnesota, ad un processo di compensazione della dopamina, neurotrasmettitore aumentato dalla circolazione nel sangue dalla nicotina e che, ovviamente, cala allorquando la sostanza non è più in circolazione nel sangue.
A quel punto, quindi, l’organismo tenta di “consolarsi” prediligendo cibi che, per quanto non salutari, hanno il vantaggio di rallegrare i sensi.
E’ una strategia che, per così dire, il cervello mette in campo per compensare il senso d’angoscia provato a causa della privazione di nicotina.
Il dato è assolutamente significativo dal momento che è indice di come l’approccio al problema del tabagismo debba essere inquadrato in un discorso di multidisciplinarità.
L’aspetto dietetico-nutrizionale non è, in tal senso, l’ultimo da prendersi in considerazione pretendendosi, anche su questo versante, un affiancamento attento alla persona che decida di dire addio al fumo.
La sigaretta elettronica, con il supporto del consulente-negoziante di fiducia, può, quindi, con la possibilità in essa insita di scalare gradualmente la nicotina, rappresentare una soluzione assolutamente adeguata.

Centottantadue voti a favore, 70 contrati e 88 astenuti.
Questo è il "bilancio" della votazione con la quale il Parlamento spagnolo ha approvato il disegno di legge che introduce il divieto di fumare sigarette in ogni tratto di spiaggia del territorio nazionale.
E' il primo Paese europeo - la Spagna - ad introdurre una prescrizione in tal senso.
L'iniziativa nasce dalla iniziativa di sottoscrizione di firme che era stata promossa dall'associazione ambientalista "No fumadores".
Il sodalizio, in particolare, aveva provveduto a raccogliere oltre 280.000 consensi per poi depositare la petizione, con annessa proposta, presso le sedi parlamentari.
Ad oggetto della medesima, appunto, la richiesta di introdurre il divieto di "bionde" sulle spiagge.
Quindi l'iter instauratosi presso l'Assemblea e, poche ore or sono, l'approvazione con l'annessa entrata in vigore della legge.
Quanto alla ratio della norma, la stessa non vive tanto nella volontà di mettere al riparo dal fumo passivo, in riva al mare, coloro i quali non sono fumatori quanto in quella di frenare il conferimento di mozziconi sulla ghiaia.
Una "pratica" che, purtroppo, è dura a morire tra i tabagisti in costume da bagno con "punte" di criticità che si fanno importanti, per ovvie ragioni "stagionali", durante il periodo estivo.
Benzene, ammoniaca e acido cianidrico tra le decine e decine di sostanze nocive, molte delle quali cancerogene, che vengono liberate dai mozziconi, una volta gettati al suolo.
Sostanze che vanno ad inquinare la flora e la fauna impiegando, per di più, moltissimo tempo per degradarsi - circa dodici anni.
Per non dire della quantità dei residui che vengono prodotti: si pensi che solo in Italia vengono fumate ben 68 miliardi di sigarette ogni anno, con un altissimo tasso di esse che non viene smaltito in modo corretto finendo per andare a contaminare l'ambiente.
Spagna pionieristica, come detto.
E così i 4964 chilometri della linea costiera diverranno "smoking free": in realtà, ben 475 località avevano già adottato provvedimenti in tal senso su scala locale.
Ora, però, ad intervenire è la legge dello Stato, con un impatto ed un peso che sono assolutamente differenti.
La misura, ovviamente, non riguarda la sigaretta elettronica che, tra i suoi pregi, ha anche quello di non produrre rifiuti.

Smettere di fumare abbatte i rischi di contrarre il cancro.
E questo, ormai, è risaputo.
Lo è meno, però, quanto questo rischio muti a seconda dell’età in cui si riesce nell'obiettivo di dire addio alle sigarette.
Un approfondimento in tal senso è stato posto in essere dalla American Cancer Society di Atlanta insieme ai colleghi dell’Università di Oxford.
Ad essere stati analizzati sono stati i dati relativi a 410.000 persone di età compresa tra i 25 ed i 79 anni.
Prima scontata notizia: prima si smette e meglio è.

OTTIMI RISULTATI ANCHE SE SI SMETTE PRIMA DEI 45
Scoperta certamente non sensazionale, come "novità", ma, probabilmente, non tutti sono a conoscenza che se si riesce a dire definitivamente addio alle “classiche” prima dei 35 anni si azzera totalmente il rischio di beccarsi una patologia tumorale.
Questo quanto appurato dai ricercatori che, tuttavia, non chiariscono se questo abbattimento delle possibilità possa essere allargato anche a chi, prima dei 35, sia stato un super fumatore.
Anche se si smette di fumare prima dei 45, poi, si fa un affarone: il rischio di andare incontro a patologie tumorali a carico del polmone o di altri organi crollerebbe dell’87 percentuale.
Se tale risultato lo si coglie, ancora, nella fascia anagrafica 45-54 si possono ancora ridurre le possibilità di ammalarsi del 78 percentuale.
Se lo si fa entro i 64, ancora, il rischio si dimezza.

UN NUOVO STIMOLO PER I FUMATORI
Queste conclusioni, quindi, aprono un lumicino di speranza e, soprattutto, devono sollevare dalla rassegnazione tipica del fumatore, specie di quello incallito, che ritiene che, ormai, il danno sia fatto e, quindi, non rinviene stimolo a sottrarsi alla dipendenza.
Nulla di più sbagliato: cestinare i pacchetti, a qualunque età lo si faccia, è comunque un vantaggio, un beneficio tangibile per la salute.
Questo è un messaggio che potrebbe e dovrebbe essere sviluppato con maggiore intensità da parte delle Istituzioni, da quelle nazionali a quelle planetarie, che si occupano delle tematiche della Sanità.
Non è mai troppo tardi

Una ragione in più per dire addio alle sigarette.
Tanto più se si sta compiendo il viaggio dei nove mesi.
Un nuovo studio della Conferenza internazionale ATS 2021, infatti, che ha preso in esame 476 coppie madre-figlio, evidenzia come il feto che venga esposto, durante la gravidanza o appena venuto alla luce, al fumo altrui, potrà patire una minore funzionalità respiratoria.
L’esposizione cumulativa al fumo di tabacco durante la gestazione e nell’infanzia, riflessa dall’aumento dei livelli di cotinina nel sangue durante la gravidanza e la prima infanzia – espongono fonti della ricerca – era associata a una riduzione della funzione polmonare all’età di sei anni, ma gli effetti più forti sono stati osservati con l’esposizione cumulativa al fumo dalla gravidanza all’infanzia.
Lo studio è unico perché, con un campione relativamente ampio, disponiamo di dati di follow-up completi, in cinque diversi momenti, dalla gravidanza all’età di sei anni.
Siamo stati in grado di dimostrare come l’effetto dell’esposizione al fumo di tabacco sulla funzione polmonare sembri dipendere dalla dose e dalla durata dell’esposizione dalla gravidanza all’infanzia”.
“Speriamo che il nostro studio – la chiusura – serva come dati oggettivi per gli operatori sanitari e le famiglie per sostenere la riduzione al minimo dell’esposizione al fumo di tabacco dalla gravidanza all’infanzia per migliorare la salute dei polmoni tra i bambini”.

La conclusione ribadisce le conclusioni che già erano venute in occasione di pregressi studi ma da vigore, soprattutto, ad un aspetto particolare.
Se le attività di ricerca passate, infatti, avevano – con particolare riguardo ai danni subiti dal feto – basato l’attenzione sulla fattispecie della mamma fumatrice, la ricerca in questione, invece, si rivolge con particolare attenzione al tema del fumo passivo.
Ovvero si è chiarito come una conseguenza sul nascituro si potesse venire a porre in essere non solo quando era la mamma ad essere fumatrice ma anche se la mamma non fumatrice si trovava alla mercè del fumo altrui.
Anche se siffatta esposizione sia stata contenuta e non prolungata.
Ovvero: il fumo causa comunque effetti deleteri, anche se il contatto è stato di “seconda mano”, come si usa affermare in gergo tecnico, e di bassa intensità.
Questi elementi come emersi dovrebbero rafforzare, pertanto, nella coscienza delle future e neo mamme che ancora si ostinano a fare uso delle classiche” la consapevolezza della necessità di sottrarsi con sollecitudine al vizio.
Alle professionalità mediche si dovrebbe rivolgere l’imput di suggerire caldamente ad una gravida modalità che le possano consentire di smettere, anche se i protocolli governativi ancora non prendono in considerazione la sigaretta elettronica.
Più volte abbiamo fatto riferimento alla necessità di aversi, in tema di smoking cessation, ad una rivoluzione che fiorisca dal basso, dalla quotidianità dei pazienti e di chi li segue nella quotidiana interfaccia.
Solo dalla base potrà venire un impulso, stante la situazione di assoluta immobilità e cecità delle sfere planetarie ed europee.
Intanto, nel Regno Unito, Public Health England e National Health Service hanno emanato una guida destinata ai professionisti dell’ambito medico al fine di motivare le donne fumatrici e gravide a dire addio alle “bionde” e a passare al vaping.
“Se l’uso di una sigaretta elettronica – espongono le due Istituzioni – può dare supporto nello smettere di fumare, si transiti ad essa in quanto sarà molto più sicura per la donna incinta e per il nascituro che non continuare a fumare”

Le sigarette elettroniche sono il metodo più valido per sottrarsi al vizio del fumo.
Certamente più efficace rispetto ad altre soluzioni quali quelle date dalle terapie sostitutive della nicotina – vale a dirsi cerotti e gomme vari.
A giungere a questa conclusione uno studio posto in essere dall’Università del Queensland e, nel dettaglio, da una squadra capitanata dal dottore Gary Chan.
Il nostro studio – ha evidenziato quest’ultimo – ha rilevato come le sigarette elettroniche siano nella misura del 50 percentuale più efficaci, in ottica di smoking cessation, della terapia sostitutiva della nicotina.
Una quantità di successi decisamente più importante rispetto a quelli che possono cogliere altre soluzioni che sono, tuttavia, maggiormente “reclamizzati” e diffusi presso la popolazione”.
L'accademico ha esposto anche quali sarebbero i punti di forza della e-cig in ottica di smoking cessation
“Le sigarette elettroniche contenenti nicotina, in particolar modo, possono rivelarsi decisamente più efficaci dei prodotti sostitutivi della nicotina perché forniscono una piccola quantità di nicotina, appunto, che sarà buona ed utile, soprattutto in una primissima fase di distacco dalle classiche, per alleviare i sintomi di astinenza e fornire un’esperienza comportamentale e sensoriale simile a quella che può essere resa dai prodotti del tabacco da fumo”.

“HANNO LE POTENZIALITA’ PER FERMARE L’EPIDEMIA DA FUMO”
La ricerca dell’Università del Queensland ha, a sua volta, dal punto di vista strettamente del metodo, rielaborato sedici precedenti ricerche già condotte sul fumo e sullo svapo, cui avevano preso parte un totale di 12.754 partecipanti.
“In questi studi erano stati presi in considerazione svariate possibilità per supportare le persone nell’abbandonare le bionde.
Dai cerotti alla nicotina alle gomme da masticare passando per pastiglie, spray per la bocca, inalatori e spray intranasali.
Abbiamo esaminato tutti gli elementi esistenti e tentato di comprendere quale potesse essere il miglior sostituto per aiutare i fumatori a smettere e, soprattutto, a farlo in modo che non fosse estemporaneo ma duraturo”.
“La questione della salute pubblica – insiste Chan – rimane una priorità sanitaria globale: le sigarette di tabacco causano più morti di qualsiasi altro prodotto di consumo nella storia umana, con oltre otto milioni di decessi ogni anno.
Ci auguriamo – la chiusura – che i risultati di questo studio possano essere utilizzati per informare meglio le politiche sulle sigarette elettroniche e sul fumo: le sigarette elettroniche hanno il potenziale per porre fine all’epidemia del fumo”.

I fumatori dovrebbero transitare alla sigaretta elettronica?
E’ questo il quesito che si stanno ponendo e di cui dovranno dibattere, ad un tavolo virtuale, John Dunne, Ceo della Uk Vaping Industry Association, Joe Dunne, portavoce di Respect Vapers in Irlanda, e Daniel Pryor, Responsabile dei programmi presso l’Adam Smith Institute.
Il webinair arriva in coincidenza della settimana di chiusura di V-April, consueto momento che, nel Regno Unito, viene annualmente promosso da Ukvia con l'appoggio istituzionale di Public Health England, equivalente del nostro Ministero della Salute.
Le sigarette elettroniche – fanno presente i promotori dell’incontro virtuale – sono state un prodotto di consumo “mainstream” nell’ultimo decennio e lo svapo è fattore che ha portato ed incoraggiato milioni di fumatori a passare a quello che le evidenze suggeriscono essere un prodotto a rischio significativamente ridotto”.
Svapo, quindi, quale efficace arma in prospettiva di smoking cessation anche e soprattutto grazie all'appoggio che giunge, Oltremanica, dalla sedi governative che, praticamente, sin dalla nascita del mercato, hanno appoggiato, nel Regno Unito, le politiche del settore.

CALO DEI VAPERS, PERCHE’?
Nonostante ciò – rimarcano ancora gli organizzatori del webinair – altri milioni di persone paiono essere ancora resistenti a tale passaggio con gli ultimi dati che suggeriscono come il numero di vapers nel Regno Unito sia sceso da un picco di 3,6 milioni a 3 milioni. 
La domanda, a fronte di questo calo, è: perché?”
I fumatori – incalzano ulteriormente – sono spesso esclusi dai dibattiti pubblici sullo svapo e sulla cessazione del fumo.
Tutto questo risulta essere assolutamente fuorviante ed ingiusto dal momento che le loro opinioni sarebbero essenziali da acquisire per capire per quale motivazione essi non vogliano smettere o cambiare.
Crediamo che gli adulti dovrebbero avere la libertà di fare scelte informate – la chiusura – Quindi, questa è un’opportunità per i fumatori che desiderino saperne di più sui prodotti a rischio ridotto e per i sostenitori dello svapo nell’ottica di comprendere per quale ragione molti fumatori siano portati a preferire ancora il tabacco combustibile”.

La salute della “bocca” trae importante giovamento nel passaggio dalla sigaretta classica allo svapo.
Gengive e denti, quindi, riceverebbero immediato beneficio una volta archiviate le “bionde”.
A farlo presente il dottor Ingo Schröder, uno dei maggiori rappresentanti in Germania per quel che riguarda la medicina maxillofacciale.
Schroder, in primo luogo, ha sottolineato come la pratica tabagista determini chiare e sempre più marcate alterazioni a carico del complesso gengivale nonché l’insorgenza di malattia parodontale. 
E, a conforto di queste teorie, anche una controprova.

Abbiamo molti pazienti – spiega, in merito, il medico – che sono passati ai dispositivi per il riscaldamento del tabacco.
Ebbene, siamo in grado di osservare una differenza: la situazione del tessuto gengivale migliora, lo scolorimento dei denti si mostra diminuito.
Per questo sarebbe importante che ogni dentista possa avere la giusta competenza, la giusta informazione per delucidare il proprio paziente sui vantaggi che si hanno nel passaggio dal fumo allo svapo anche rispetto a questa prospettiva”.

Dalle Filippine e dalla Calabria, ancora, vengono nuovi "spunti" a sostegno delle teorie del vaping quale strategia atta a recare beneficio alla bocca ed alla sua salute.

In tal senso Fernando Fernandez, Presidente del Philippine College of Oral and Maxillofacial Surgeons
“Il fumo è la principale causa di cancro orale – ha precisato il professionista – e, pertanto, consigliamo vivamente loro di smettere di fumare. 
A coloro i quali non riescono a smettere di fumare da soli o con metodi attualmente approvati, li convinciamo a passare a alternative non combustibili “
.
Ed anche la Calabria ha, come detto, dato il suo contributo alla causa con uno studio del 2017, sempre in tema di condizione orale dei vapers e di benefici che questi hanno tratto dal passaggio ad alternative più sicure.
Protagonista l’Unità di Parodontologia e Igiene orale della Clinica Calabrodental di Crotone che aveva incentrato il proprio approfondimento sulla “storia” e sulla evoluzione di 110 ex tabagisti transitati allo svapo .
Ridotto sanguinamento gengivale e meno placca ad essersi palesati, gradualmente, nel passaggio dalla sigaretta classica alla versione elettronica.

Un importante limite, però, al cospetto di questa serie di comprovati e potenziali benefici vive nel fattore-disinformazione.
Più della metà dei medici dentisti interpellati, infatti, ha ammesso di non sentirsi bene "edotta" rispetto all’argomento-sigaretta elettronica con, addirittura, il 69 percentuale di professionisti, sempre afferenti lo stesso campione, che, a differente domanda, ha affermato di non essere nemmeno a conoscenza del concetto di riduzione del danno.
E, su questi basi, come può apparire evidente, risulta alquanto complicato veleggiare lontano.
Oltre al riconoscimento istituzionale delle alternative al fumo, infatti, un grandissimo limite sembra vivere in uno scarso aggiornamento del personale preposto.
Perchè sono i medici di prossimità quelli che dovrebbero principalmente indirizzare il paziente in percorsi di smoking cessation.
E non solo, ovviamente, con riferimento alle patologie della bocca.

Il fumo era e resta la principale causa di decessi prematuri in Europa.
Questo il dato che è emerso, nella giornata di ieri, a Parigi, ove è stato presentato alla platea il nuovo rapporto Ocse “Health at a Glancè”.
Tossicodipendenza, incidenti, alcol: nulla regge i nefasti numeri delle bionde che nel vecchio Continente continuano a macinare, anche entro la fascia giovanile della popolazione, un corposo e preoccupante numero di morti.
Stando al menzionato report annuale, nel dettaglio, il fenomeno tabagismo resta la principale causa di morti premature nell’area Unione europea, con circa 700.000 decessi nei dodici mesi.
Un decimo di tutte le morti fumo-correlate, quindi, che si hanno annualmente su scala planetaria, riguardano persone relativamente giovani e residenti nel Vecchio Continente.
Cancro a carico dei polmoni, in primo luogo, e malanni a carico dell’apparato cardiocircolatorio ma anche patologie di tipo respiratorio cronico (vedi Bpco): sono queste le morbilità principalmente innescate da anni e anni di pratica con il fumo.
Nonostante le attività di sensibilizzazione che si sono poste in essere negli ultimi anni e che hanno portato ad una obiettiva riduzione dei tassi di fumo, resiste la condotta di circa un quinto degli adulti che è fumatore quotidiano.

MORTE MEDIAMENTE QUATTORDICI ANNI PRIMA

E che rischia di pagare in termini di anni di vita.
Circa la metà di quanti vengono meno a causa delle sigarette classiche, infatti, lo fa – come detto – prematuramente.
E lo fa mediamente 14 anni prima rispetto all’età di aspettativa.
Capitolo geografia: nei Paesi della Scandinavia (Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia) si fuma di meno; Di più in Grecia, in Bulgaria ed in Ungheria.
E sempre le Nazioni nordiche, unitamente ai Paesi Bassi, all’Irlanda ed all’Estonia hanno conseguito i risultati maggiormente significativi, in termini si smoking cessation, tra gli adulti.
Il consumo risulta essere maggiore tra gli uomini – sempre come da ultimi dati Ocse – sebbene in alcuni Stati, quali Regno Unito, Norvegia e Islanda, vi sia un livellamento sostanziale tra i due sessi.
Divario, invece, decisamente più ampio – in termini di maggior fumo maschile – in Lituania, Cipro e Romania.