Giova ripeterlo.
Smettere di fumare non solo previene problematiche a carico della salute ma anche complicanze per chi risulta essere già affetto da una determinata patologia.
Tanto più se di tipo cardiaco.
Lo ribadiscono le conclusioni di un approfondimento capitanato da Jules Mesnier dell’Ospedale Bichat-Claude Bernard di Parigi e presentato nel contesto del Congresso ESC 2024.
Ebbene, lo studio in questione ha rivelato che i pazienti già affetti da malattia coronarica che hanno smesso di fumare - dopo la diagnosi del problema – sono a riusciti a ridurre il rischio di complicanze nella misura di quasi il 50%.
L’indagine ha preso in esame un gruppo di pazienti – censiti nel registro “Clarify, prospeCtive observational LongitudinAl RegIstry of patients with stable coronary arterY disease” - che erano fumatori nel momento in cui hanno scoperto di essere affetti da problemi coronarici restando poi osservati per un periodo di 6,5 anni con particolare attenzione rispetto al verificarsi di evenienze quali morte cardiovascolare o infarto miocardico.

“Il primo anno dopo la diagnosi è la finestra cruciale per smettere – ha fatto presente Mesnier, autore dello studio – al momento della diagnosi, dovremmo sottolineare l’importanza di smettere e sostenere i pazienti in questa sfida”.
Se dire addio alle bionde è un elemento importante, ridurne il consumo non determinerebbe incisivi abbattimenti del rischio che, tuttavia, sono comunque proporzionati al numero delle sigarette “tagliate”: mai si arriverà, però, ai livelli di “tranquillità” di chi fumatore non è mai stato.
“Mi piace dire ai miei pazienti che non è mai troppo presto o tardi per smettere di fumare anche se, ovviamente, prima un paziente smette, meglio è al fine di ridurre il rischio cardiovascolare – ha sottolineato Mesnier – e non è sufficiente ridurre il fumo”.
“Per i fumatori sono necessari messaggi brevi e chiari – ha precisato - Dire ai pazienti che possono dimezzare il rischio di un successivo evento grave o di morte è un messaggio potente”.