Alquanto imbarazzante.
Udite, udite.
I Paesi che hanno sposato le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità, in quanto a strategie anti-fumo, presentano i tassi di fumatori più alti.
Non è uno scherzo ma sono le conclusioni che emergono da “Vaping Works. Best Practices internazionali: Regno Unito, Nuova Zelanda, Francia e Canada”, studio condotto e pubblicato dalla Property Rights Alliance.
“I Paesi che applicano politiche progressive di riduzione del danno da tabacco – è fatto presente da Christopher Snowdon (Institute of Economic Affairs, Regno Unito), Louis Houlbrooke (Unione dei contribuenti della Nuova Zelanda, Nuova Zelanda), Patrick Coquart (IREF, Francia) e Ian Irvine (Concordia University, Canada) – stanno godendo di un calo significativo dei tassi di fumo. Quelle realtà statali che, invece, stanno seguendo la guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità continuano a sperimentare una incidenza di malattie e di decessi legati al fumo ancora eccessivi”.
Conclusioni attendibili, credibili? Se ciò fosse, siamo al cospetto di una semplice coincidenza o, in realtà, i metodi sposati dall'Organizzazione mondiale della Sanità non sono, verosimilmente, tra quelli migliori in chiave di cessazione dal fumo?
Sono questi i quesiti centrali che dovrebbe farsi chi, a livello statale, stabilisce le politiche sanitarie della Comunità.
La divulgazione di tali cifre, che sono decisamente indicativi – ha fatto presente Nancy Loucas, numero uno del Caphra – “coincide, fortunatamente, con la Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della Sanità sul controllo del tabacco e, in particolare, con la sessione del mese di novembre”.
“Questo documento – ha sottolineato ulteriormente la Loucas – dimostra che i Paesi che abbracciano lo svapo, scelta che hanno intrapreso realtà quali Francia, Regno Unito, Nuova Zelanda e Canada, hanno assistito a una diminuzione dei tassi di fumo due volte più veloce della media globale”.
Per quanto tempo ancora si potrà, imperterriti, guardare altrove facendo finta di non vedere?